Dolomiti 2012

       

L’estate sta finendo, cantavano i Ribeira molti anni fa, ma in realtà la bella stagione è in pieno splendore… e allora, se si hanno ancora alcuni giorni di ferie, perché non pensare ad una grande traversata in mountain bike nelle Dolomiti? Soprattutto se piacciono le imprese veramente dure… da Dobbiaco a Feltre, sulle tracce delle Alte Vie 1 e 2, toccando tutti i gruppi più famosi, dal Fànes alle Cinque Torri, dal Pelmo alla Civetta, dalle Pale di San Martino alle Vette Feltrine. Sei tappe per un totale di 8348 metri di dislivello in salita: a ripensarci dopo, è quasi la quota del monte Everest o del K2! Era un po’ di tempo che pensavo ad un’Alta Via delle Dolomiti in versione cicloescursionistica e finalmente a fine agosto arriva una finestra di bel tempo stabile per tentare: solo che il meteo dà bello da lunedì, Luca ed io la domenica pomeriggio sfidiamo la sorte e così ci becchiamo un sacco d’acqua per arrivare all’ostello di Dobbiaco… poco male, alla sera arriva la madre di tutte le schiarite e così il giorno seguente pedaliamo baldanzosi lungo la meravigliosa pista “del trenino” che da Dobbiaco porta a Cortina. L’euforia scema presto quando affrontiamo la prima delle tre salite di questa prima tappa, che guarda caso è anche la più dura: arrivare alla forcella Lerosa è veramente penoso e ancora peggio avviene sulle micidiali pendenze che rimontano al rifugio Sennes; l’apice viene toccato salendo la stradella sabbiosa che dal rifugio Pederù arriva al Fànes : un tormento, perché finisce che la si affronta sempre verso le due o tre del pomeriggio, oggi il cielo è terso come una tavola blu e il sole scotta come in Africa, così saliamo a piedi! Una bella dormita ci rimette in sesto ed il giorno dopo filiamo veloci nel bellissimo piano di Tadega per poi scendere dagli alti scalini del col de la Loccia rigorosamente con bici a mano: anche oggi l’entusiasmo inizia a calare rimontando le rampe del passo di Valparola, non certo impossibili, ma per noi già impegnative: dopo uno strudel e la seggiovia che porta al rifugio Scoiattoli, la vista delle Cinque Torri ci esalta così come la discesa seguente ed il bel traverso che ci porta alla base del tormento finale, la risalita al rifugio Palmieri sotto la Croda da Lago. La vietta è asfaltata, ma le pendenze son degne del Giro d’Italia e così anche stavolta procediamo per lo più a piedi, ma quelli forti non avranno certo problemi… Se le salite sono durissime, l’ambiente è grandioso: davanti a noi sono sfilate le vette del Cristallo, del Fànes, del Lagazuoi, delle Tofane ed ora, nella terza tappa, mentre saliamo faticosamente verso la forcella d’Ambrizzola, ci sovrasta il Becco de Mezdì e dopo lo scollinamento appare in tutta la sua imponenza il Pelmo, detto in Veneto “el caregon del Padreterno”, cioè il “seggiolone di Dio”… Davvero un ambiente fantastico! Caliamo dall’Ambrizzola ancora a piedi per una parte della discesa, poi in sella arriviamo rapidamente al rifugio Città di Fiume: proprio sopra di noi incombe la grande parete nord-ovest del Pelmo e l’unico modo per proseguire è aggirarlo sul suo versante orientale, cosa più facile a dirsi che a farsi. Prima la discesa per la val de Forada, molto impegnativa, ci stanca non poco, poi dopo un breve tratto riposante che segue il ponte Intrà les Aghes arriviamo alla peggiore follia ciclistica mai vista dal sottoscritto: al ponte della Madonna ci si collega alla stradina che risale da Borca e si issa sino al rifugio Venezia-de Luca, ma questa salita è terrificante, in un tratto arriva addirittura a 40 gradi di inclinazione, pari ad una pendenza dell’80%... Ad un tratto passa il gestore del rifugio con il suo pick-up, prima ridotta e 5 chilometri all’ora, ci offre un passaggio sino all’arrivo, ma noi orgogliosamente gli diamo solo i bagagli, così giungiamo all’ospitale edificio della sezione di Venezia pressoché disfatti. Ci rifocilla una ottima cena a base di pastin, il famoso impasto di maiale molto diffuso nel bellunese, e la visione della grande parete del Pelmo, con la famosa cengia di Ball: alle 19.30 c’è ancora gente che sta scendendo! Almeno stasera non rischiano, il tempo è buono. Invece la mattina seguente nebbie e nuvole si diradano a fatica al sorgere del sole, so che stasera verrà a piovere: via veloci quindi attraverso il fangoso passo di Rutorto e sempre più giù sino al suggestivo paesino di Zoppé, dove sopravvivono ancora molte costruzioni tipiche in legno, con i balconi predisposti per la stesa del fieno che può asciugare al riparo da eventuali piogge. Prima sorpresa di questa quarta giornata: il ponte sul torrente Rutorto è in ricostruzione quindi di qui non si passa , ci tocca scendere sino a Forno di Zoldo e da lì rimontare con fatica lungo la statale prima sino a Dont, dove Luca mi saluta perché deve rientrare a casa anzitempo. Da questa frazione procedo lentamente sino a Palafavèra, dove conto di aiutarmi con la seggiovia del Col dei Baldi, ma manche qui altra sorpresa: l’impianto a fune non carica le biciclette e così devo sciropparmi altri quattrocento metri di dislivello, senza aver mangiato nulla per guadagnare tempo e venendo punito per questa idea antisportiva. Quando vedo la tabella della forcella d’Alleghe, sono veramente felice e già pregusto la bella discesa lungo le piste che calano verso il lago omonimo ed invece terza sorpresa: la calata è veramente ripida ed io ho i freni mezzi consumati, faccio pure una tombola, per fortuna su un prato… Tutto è bene quel che finisce bene e la tensione si stempera davanti ad un bel gelato sulla riva del lago di Alleghe: il cielo si è fatto scuro, iniziano a cadere le prime gocce di pioggia ed io mi affretto a raggiungere Cencenighe ed archiviare la quarta tappa. Nella notte è piovuto parecchio, ma ora il cielo promette bene e così mi avvio costeggiando il torrente Biois sino a raggiungere Falcade, da qui devo rimontare con dura salita il passo Valles, buttarmi giù sull’altro versante e poi di nuovo su per l’incantevole val Venegia sino alla Capanna Segantini. La visione del Cimon della Pala da questo versante è superba, con la cuspide sommitale del Becco che svetta nel cielo sereno… sullo spigolo NE corre la via Melzi-Zecchin, classica arrampicata di 3° grado, aperta nel 1899 e da tempo uno dei miei obiettivi, chissà quando riuscirò a salirlo… per fortuna che per oggi le salite sono pressoché terminate, mi scaracollo giù sino a passo Rolle per la sterrata e poi ancora più giù a San Martino di Castrozza lungo la famosa statale 47 delle Dolomiti. Questa grandiosa traversata volge al termine passando sotto tutto il versante ovest delle Pale di San Martino, tra ombrosi boschi e splendidi prati, mantenendosi ad una quota tra i 1600 ed i 1300 metri, per giungere al Cant del Gal, dove il rifugio omonimo mi accoglie per la notte. Nell’ultima frazione i luoghi attraversati sono più solitari, ma non per questo meno suggestivi: i prati Caltene, il torrente Noana, il rifugio Fonteghi e sempre più sino al rifugio Vederne, la malga Agnerola e, con un ultimo durissimo sforzo, spingendo la bicicletta a mano, il Passo Pavione. Tutto fila liscio ed ora mi aspetta solo il trionfale traverso lungo la stradella sino al rifugio Dal Piaz, splendido nido d’aquila della sezione di Feltre: per festeggiare ci vuole una birra ed intraprendere la lunga discesa che in due ore mi riporta al passo Croce d’Aune ed alla pianura di Feltre.


NOTE TECNICHE

 

Numero tappe :            6

Dislivello totale salite    :           m. 8350 circa

Tappa 1 : Dobbiaco - rif.Fanes

Tappa 2 : rif.Fanes - rif.Palmieri

Tappa 3 : rif.Palmieri - rif.Venezia

Tappa 4 : rif.Venezia - Cencenighe

Tappa 5 : Cencenighe - rif.Cant del Gal

Tappa 6 : rif.Cant del Gal - Feltre